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I Federalisti e la crisi italiana

I FEDERALISTI E LA CRISI ITALIANA

L’Italia sta attraversando una fase di crisi estremamente grave in cui è in pericolo la tenuta dello stato democratico e, quindi, l’attiva partecipazione del paese al processo di unificazione europea. Il MFE deve prendere una posizione chiara e articolata su questa situazione se vuole essere una componente attiva e riconosciuta del dibattito politico italiano. Deve pertanto non solo sforzarsi di fornire una analisi convincente, ma anche presentare delle proposte concrete per quanto riguarda la risposta politica alla crisi italiana. In questa prospettiva propongo alcune considerazioni orientative.

1. L’Italia in pericolo

Deve essere anzitutto chiara la gravità della crisi italiana e, al riguardo, tre mi sembrano gli aspetti fondamentali che vanno evidenziati.

– E’ in grave pericolo la coesione economico-sociale del paese.

Nel contesto generale della globalizzazione senza regole e in quello particolare della crisi finanziaria ed economica mondiale, che ne rappresenta una delle principali conseguenze, si stanno producendo in Italia fenomeni di disoccupazione, precarizzazione, esclusione sociale, povertà, peggioramento della situazione degli immigrati, arretramento di gran parte del Meridione, il cui livello apre la strada a tensioni disgregatrici del sistema economico-sociale.

La drammaticità della situazione emerge con chiarezza se si tiene presente il dilemma fondamentale di fronte a cui si trova la classe politica. Da una parte, occorre mobilitare grandiose risorse finanziarie per realizzare una generale garanzia dei redditi, la lotta all’emarginazione (che comprende una seria politica di integrazione degli immigrati), una più efficace solidarietà interregionale. Dall’altra parte, non solo non deve aumentare il debito pubblico, ma si deve perseguire una sua costante e celere riduzione, se si vuole evitare lo sbocco in una catastrofica situazione di insolvibilità dello stato. Ciò comporta un impegno di dimensioni inaudite nella lotta contro gli sprechi, le inefficienze, i parassitismi, l’evasione fiscale, l’economia illegale. L’interrogativo è la capacità di risposta del sistema politico italiano a questa sfida esistenziale.

– E’ in grave pericolo l’unità dello stato

Lo stato italiano ha una struttura debole a confronto con i partner europei più avanzati a causa della sottrazione – dovuta a una presenza mafiosa che nell’attuale situazione tende a rafforzarsi – di ampie zone del paese al controllo dello stato. E questa situazione è destinata a peggiorare ulteriormente se, per la mancanza di una forte politica d’integrazione degli immigrati, si formeranno ghetti etnici nelle grandi città. Alla strutturale debolezza dello stato italiano si aggiungono ora – a partire dalla parte settentrionale del paese e con iniziali ma significative manifestazioni nella parte meridionale – forti tendenze micronazionaliste con preoccupanti vocazioni secessioniste, che mettono apertamente in discussione il mantenimento dell’unità statale. A questo riguardo devono essere chiari due punti.

Le riforme in senso federale delle istituzioni pubbliche italiane, che costituiscono un tema fondamentale nell’attuale dibattito e confronto politico nel nostro paese, vanno considerate un fattore decisivo di rafforzamento del sistema democratico, di impulso all’efficienza amministrativa, di lotta ai parassitismi (soprattutto attraverso il principio della responsabilità fiscale: ogni livello di competenza e di spesa deve fondarsi essenzialmente su risorse proprie). Ma deve trattarsi di un federalismo qualificato da una strutturale solidarietà fra regioni forti e regioni deboli, sia sul piano economico-sociale (organizzata in modo non assistenziale), sia su quello della sicurezza (in particolare, lotta contro la delinquenza organizzata intesa e gestita come problema comune). Se mancano queste connotazioni e per di più è accompagnato da una forte presenza di comportamenti e retoriche di tipo micronazionalistico, il federalismo apre la strada alla disgregazione dell’unità statale.

Il secondo punto da sottolineare è che, proprio perché ci battiamo per la federazione europea nella prospettiva della federazione mondiale, dobbiamo essere chiaramente consapevoli – tanto più in un periodo in cui, mentre si preparano le celebrazioni del 150° anniversario dell’unificazione italiana, si alzano rumorose voci che la contestano in termini pratici e di principio – della validità politica dell’unità statale italiana, che una adeguata riorganizzazione in termini federali renderebbe più solida e democratica. In effetti la messa in discussione dell’unità statale italiana è destinata a produrre danni incalcolabili, oltre che al nostro paese (in cui si scatenerebbero conflitti catastrofici), allo stesso processo di unificazione europea. E ciò sia per le spinte disgregative che verrebbero favorite in altri paesi europei, sia per il fatto che la costruzione europea (che non è ancora compiuta e che dipende perciò ancora in modo determinante dalle decisioni dei governi nazionali) non può certo fondarsi su stati paralizzati dalle loro contraddizioni interne, o addirittura su stati falliti. Va anche sottolineata in questo contesto l’inconsistenza della tesi dell’Europa delle regioni, cioè di una federazione europea di cui sarebbero membri diretti centinaia di regioni. In una simile ipotetica situazione gli stati membri sarebbero pilastri troppo deboli per sorreggere un equilibrio federale e si imporrebbe perciò fatalmente una degenerazione centralistica. L’evoluzione più probabile di un’Europa di micronazionalismi a base regionale andrebbe però in direzione di una caotica convivenza entro una cornice che potrà al massimo essere costituita da una debole confederazione.

– E’ in una situazione critica il regime democratico italiano

Il governo guidato da Silvio Berlusconi manifesta tendenze populiste che si traducono in allarmanti scelte di orientamento illiberale-autoritario. A questo riguardo vanno sottolineati in particolare: il rifiuto di risolvere un conflitto di interessi che si traduce in modo specifico in una concentrazione di potere mediatico a disposizione del premier che non trova riscontro in nessuno stato liberaldemocratico; lo sforzo sistematico di limitare l’autonomia del potere giudiziario; le leggi ad personam; l’attacco alla stampa indipendente e al pluralismo politico-istituzionale. Vanno anche segnalate le pulsioni xenofobe che inquinano la linea del governo in relazione al problema cruciale dell’immigrazione e che sono in notevolissima parte un apporto della Lega Nord e del suo peso determinante nella coalizione maggioritaria.

C’è un evidente legame fra queste tendenze e la situazione personale di un uomo che deve cercare a tutti i costi di mantenere il potere politico e di strumentalizzarlo all’imperativo di sfuggire alla resa dei conti giudiziaria per i reati commessi nell’accumulo e nella gestione del suo patrimonio privato. Di qui l’allergia verso il meccanismo dei pesi e contrappesi e pure la subordinazione ai ricatti della Lega Nord sui temi della xenofobia, e anche del micronazionalismo e dell’eurofobia. Da qui il populismo cesaristico che cerca di occultare i veri problemi e l’incapacità di affrontarli.

Gli aspetti negativi, in particolare le tendenze illiberali-autoritarie, del governo Berlusconi sono preoccupanti e il MFE non può non denunciarli. Al riguardo va sottolineato che la scelta di non legarci con una parte dello schieramento politico – si tratta di un aspetto strutturale della linea di autonomia federalista che vede la dicotomia progresso-reazione coincidente con la dicotomia fra chi è favorevole e che è contrario al federalismo sopranazionale – non può significare indifferenza o neutralità quando è in questione la democrazia (che ovviamente deve essere liberale, oltre che sociale, per essere effettiva), cioè la premessa imprescindibile della transizione al federalismo sopranazionale.

Ciò detto, non mi sembra plausibile ravvisare nell’attuale situazione italiana un concreto pericolo che si instauri una dittatura fascista. Non solo non esistono le condizioni storiche, e cioè una situazione di strutturale lotta di potenza fra gli stati europei e una forte arretratezza economico-sociale che hanno reso possibile il fascismo. Ma una simile evoluzione è contraddetta dalle tendenze micronazionaliste di una componente essenziale della coalizione governativa, le quali sono incompatibili con una centralizzazione di tipo fascista.

Piuttosto, la conseguenza più concreta è immediata degli aspetti negativi del governo Berlusconi è un’incapacità strutturale di governare. L’attività governativa è in effetti bloccata dal peso dei problemi personali del premier (compresi quelli relativi ai suoi comportamenti nella vita privata che comportano una forte ricattabilità) che sottraggono tempo e spazi decisivi all’impegno diretto ad affrontare i gravi problemi del paese. D’altro canto, la mancanza di affidabilità democratica di un governo che assomiglia a un sultanato impedisce una coerente e credibile politica sul piano internazionale e, quindi, rispetto all’unificazione europea, che è il terreno strategico su cui si gioca il futuro dell’Italia.

2. Il legame fra la crisi italiana e l’incompiutezza del processo di unificazione europea

Una risposta valida ad una crisi che apre la prospettiva di un tracollo dello stato democratico italiano deve fondarsi su di una visione chiara delle cause di questa crisi. A questo fine il contesto generale da cui non si può prescindere è rappresentato dalle contraddizioni connesse con il carattere incompiuto del processo di unificazione europea.

L’integrazione europea ha dato vita a un sistema istituzionale caratterizzato da importanti aspetti federali, ma anche dalla permanenza dei meccanismi confederali fondati sui veti nazionali in settori fondamentali quali le risorse fiscali, la politica estera e di sicurezza, la difesa, la revisione istituzionale. Il sistema della federazione incompiuta (legato in ultima analisi alla tendenza strutturale degli stati nazionali ad essere allo stesso tempo strumenti e ostacoli rispetto all’unificazione sopranazionale) ha permesso proprio per la presenza degli elementi federali grandi progressi sul piano dello sviluppo economico-sociale e, quindi, su quello della pacificazione e modernizzazione dell’Europa. Nello stesso tempo la persistenza dei limiti confederali comporta gravissimi deficit che rendono questo sistema strutturalmente precario e insostenibile e che pesano duramente sulla vita degli stati nazionali.

– C’è anzitutto un deficit di efficienza

I problemi di fondo sul piano della sicurezza economico-sociale, della sicurezza ecologica, della sicurezza pubblica interna e internazionale, della salvaguardia della libertà dei cittadini hanno dimensioni continentali e, per aspetti decisivi, mondiali, essendo connessi con lo sviluppo di una globalizzazione senza regole e con la presenza di sfide alla stessa sopravvivenza dell’umanità e a cui essa deve dare una risposta comune.

La situazione richiede imperativamente di non più rinviare la piena federalizzazione delle istituzioni europee; e richiede nello stesso tempo che si avvii seriamente la costruzione delle istituzioni globali necessarie per governare la globalizzazione in direzione di uno sviluppo equo e sostenibile e per rendere stabilmente cooperativo e funzionale alla pacificazione dell’umanità il sistema pluripolare emergente. Fra queste due improrogabili esigenze c’è un legame organico dal momento che un’Europa compiutamente federale e, quindi, pienamente capace di agire non solo è indispensabile per la sopravivenza della costruzione europea, ma è altresì chiamata a svolgere un ruolo determinante nella costruzione di un mondo giusto e pacifico.

Se il rinvio del disegno di una federazione compiuta rende impossibili risposte adeguate ai problemi di fondo di fronte a cui si trovano i cittadini, è chiaro che questa situazione condiziona in modo pesantemente negativo tutti gli stati nazionali europei e, in modo particolare, uno stato come quello italiano relativamente più debole rispetto ai partner più avanzati.

Richiamo qui alcuni esempi particolarmente significativi.

– La critica situazione economico-sociale e finanziaria italiana è chiaramente condizionata in modo decisivo dalla mancanza di un governo europeo dell’economia, che presuppone un bilancio federale con reali e adeguate risorse proprie, compresi gli Unionbonds. Un governo economico europeo realizzerebbe in effetti quella politica macroeconomica (investimenti per le infrastrutture europee nelle comunicazioni, energie rinnovabili, ricerca avanzata, sostegno per la riconversione industriale, lotta alla disoccupazione) che gli stati nazionali non sono in grado di attuare, e comporterebbe un più adeguato livello di solidarietà interstatale accompagnato da una capacità ben maggiore di disciplinare le politiche nazionali di bilancio. In mancanza di ciò la classe politica italiana si trova di fronte a compiti schiaccianti che aprono la prospettiva del tracollo.

– La sfida dell’immigrazione si può affrontare in modo valido solo con un impegno unitario e incisivo dell’Unione Europea. Un’UE capace di agire all’interno e sul piano mondiale è indispensabile: per affrontare efficacemente gli squilibri globali economici, ecologici, sul piano della sicurezza che sono all’origine delle migrazioni bibliche; per attuare una unitaria ed efficace politica dell’accoglimento (richieste di asilo, emigrazione fisiologica, diritto di voto) e la lotta contro l’emigrazione clandestina (dando sostegno agli stati più deboli ed esposti, nei quali altrimenti si affermano con forza difficilmente contenibile scelte in contrasto con i diritti umani e comunque tendenti ad esasperare i problemi); per garantire il progresso economico-sociale necessario per rendere disponibili risorse ben maggiori di quelle attuali da dedicare all’integrazione degli immigrati.

– La lotta contro la delinquenza organizzata è un problema secolare dell’Italia e può chiaramente essere condotta con effettivi risultati solo in un quadro di progresso economico-sociale e politico-democratico. L’unificazione europea è la forza trainante di questo progresso, ma per i suoi ritardi e le sue incompletezze è fonte di gravi contraddizioni. Fra queste va sottolineata la libertà di movimento ottenuta dalla delinquenza organizzata con il mercato comune (a cui si aggiunge l’eliminazione di vincoli connessa con la globalizzazione) non accompagnata dalla costruzione di una adeguata capacità sopranazionale di garantire l’ordine pubblico.

– C’è nello stesso tempo un deficit di democrazia

I sistemi democratici nazionali sono inesorabilmente spiazzati dalla dimensione sopranazionale dei problemi di fondo, ma la condizione di federazione incompiuta in cui si trova il processo di integrazione europea ha finora impedito la formazione di un sistema democratico sopranazionale pienamente sviluppato ed efficiente. Per cui il processo democratico gira a vuoto. A livello nazionale, dove la democrazia è, sul piano formale, pienamente spiegata (dal voto dei cittadini nasce il governo), non si possono più compiere scelte di rilevanza strategica. Mentre a livello sopranazionale, oltre all’impossibilità di compiere, a causa dei veti nazionali, scelte adeguate ai problemi sul campo, ciò che comunque viene deciso non ha una base accettabile di legittimità democratica.

Questa situazione, che è alla base della grave crisi di consenso di cui soffre l’integrazione europea, costituisce d’altro canto il fattore fondamentale della crisi della politica e della democrazia che caratterizza in generale i paesi europei e, in modo particolarmente acuto, l’Italia, data la specifica arretratezza del nostro stato nel contesto europeo. Quando nei cittadini si diffonde il senso dell’inutilità della partecipazione politica, dal momento che i meccanismi democratici girano a vuoto, quando non si vedono risposte consistenti alle preoccupazioni vitali dei cittadini, da una parte sono inevitabili rilevanti fenomeni di apatia politica, dall’altra conquistano spazi politici decisivi le tendenze più irrazionali – dal populismo, al micronazionalismo, alla xenofobia – che inquinano la dialettica democratica.

Il chiarire il nesso fra queste tendenze e il contesto più ampio costituito dall’incompiutezza dell’integrazione europea e dal suo rapporto con una globalizzazione senza regole non significa – sia ben chiaro – un atteggiamento giustificatorio, del tipo “comprendere, perdonare”. L’orientamento illiberale-autoritario e populistico di uomo come Berlusconi (e dei suoi accoliti) incapace di emanciparsi dalla difesa con qualsiasi mezzo dei propri interessi privati, così come le tendenze micronazionaliste, secessioniste, e xenofobe della Lega Nord (e il suo potere di ricatto sul governo Berlusconi) rappresentano un fattore di indubbia rilevanza della crisi italiana e configurano responsabilità politiche che vanno denunciate senza mezzi termini. Inquadrare queste responsabilità nel contesto più ampio della federazione europea incompiuta permette d’altro canto di comprendere più in profondità il fatto che Berlusconi e la Lega Nord, con i loro orientamenti distruttivi, hanno un consenso così ampio da condizionare pesantemente la politica italiana. E permette quindi di impostare una linea politico-strategica adeguata per affrontare validamente la crisi italiana.

3. L’impegno sopranazionale e l’impegno nazionale necessari per affrontare la crisi italiana

Se quanto detto finora è plausibile, è evidente che la linea politico-strategica necessaria per affrontare validamente la crisi italiana ha come momento trainante l’impegno per il risoluto e rapido avanzamento verso la federazione europea piena. Il passo avanti immediato è rappresentato dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e dal rafforzamento, che esso rende possibile, delle politiche comuni e, quindi, dall’avvio della costruzione di un governo economico dell’Europa e di una maggiore capacità di azione internazionale. Ma, parallelamente, deve iniziare l’impegno per il processo costituente della federazione europea con quelli che ci stanno (superando cioè il diritto di veto nazionale nella funzione costituente) e che coinvolga i cittadini europei in ogni fase del processo fino al referendum europeo conclusivo. Va sottolineato che il carattere pienamente democratico del processo costituente è un requisito fondamentale della sua efficacia e altresì per superare la crisi di legittimità del processo di integrazione europea, che della crisi generale della politica e della democrazia è una componente essenziale.

L’avanzamento verso il completamento della federazione europea richiede un decisivo impegno da parte italiana, come dimostra tutta la vicenda dell’integrazione europea, in cui le trainanti iniziative franco-tedesche hanno visto il sostegno indispensabile e rafforzativo dell’Italia D’altra parte l’impegno sopranazionale dell’Italia sarà possibile ed efficace solo se sarà integrato da un impegno vigoroso e risolutivo di risanamento interno.

Una maggiore solidarietà europea, necessaria per affrontare la grave situazione economico-sociale del paese, non può essere perseguita in modo credibile ed efficace se l’Italia non fa la sua parte – tramite una lotta senza quartiere contro gli sprechi e i parassitismi di ogni genere – per realizzare la indispensabile solidarietà sociale e interregionale, senza aumentare, ma anzi riducendo il debito pubblico, che è oltretutto un pericolo per la stabilità e funzionalità dell’unione monetaria.

Senza riforme istituzionali che, attraverso un federalismo solidale, la diminuzione dei parlamentari (e più in generale del pletorico personale politico a tutti i livelli), una seria efficientizzazione degli apparati burocratici, rendano il paese più solido e il governo più capace di agire, l’azione italiana sul piano sopranazionale è destinata a rimanere inconsistente.

E infine, senza credibilità democratica e in una situazione in cui c’è il rischio di un isolamento analogo a quanto avvenuto per l’Austria all’epoca del caso Haider, non potranno esserci e comunque nessuno le prenderà sul serio iniziative italiane per un reale avanzamento dell’integrazione europea.

E’ evidente che l’attuazione della linea necessaria per affrontare validamente la crisi italiana ha la sua premessa imprescindibile nel superamento del governo di Berlusconi. L’alternativa a questo governo che sia in grado di guidare il paese nella giusta direzione non può d’altra parte che essere un governo di emergenza. Deve trattarsi di un governo fondato su larghe convergenze provenienti da tutti i settori dello schieramento politico, che permetta di isolare e disinnescare le tendenze illiberali-autoritarie, populiste e micronazionaliste e che sia in grado di compiere le difficilissime scelte necessarie per il risanamento economico-sociale e finanziario le quali sono chiaramente al di fuori del raggio operativo della normale dialettica governo-opposizione.

Questa prospettiva può sembrare fuori dalla realtà, se si guarda staticamente alla situazione dell’attuale governo e in particolare alla maggioranza di cui dispone. Ma non è così se si prende atto con chiarezza delle contraddizioni sempre più insostenibili che minano la tenuta del governo a causa dell’enormità dei problemi del paese e dei problemi personali del premier. In ogni caso è imperativo dire la verità anche se è difficile ed è necessaria una valida linea di resistenza ad un deterioramento politico, che oltre un certo punto può diventare irreversibile.

Un sostegno chiaro e forte a questa linea, che non può non comprendere anche l’indicazione dello schieramento politico che la può portare avanti, è il contributo più importante e concreto che può essere dato alla vita politica italiana in questa fase critica in cui si gioca il futuro del paese.

La parola d’ordine valida dovrebbe essere: Un governo di unità nazionale democratica per un’Italia europea.

Sergio Pistone

Sulle repressioni in Tibet

MOVIMENTO FEDERALISTA EUROPEO

SEZIONE DI TRAPANI

MOZIONE DEL COMITATO DIRETTIVO SULLE REPRESSIONI IN TIBET

Il Comitato Direttivo della Sezione di Trapani del Movimento Federalista Europeo, riunitasi in data 9 aprile 2008 nei locali sociali per esaminare gli attuali aspetti dell’azione politica connessa all’integrazione europea e più in generale l’avanzamento dei processi di costruzione della democrazia internazionale;

presa cognizione in particolare della situazione venutasi a creare in Tibet, per effetto della recente repressione violenta dei moti di ribellione alle autorità di Pechino;

ricordando che il popolo tibetano trovasi da circa mezzo secolo privato dai fondamentali diritti della persona umana, quali la libertà di parola e di assemblea, e per conseguenza spinto a scegliere fra l’oppressione di un regime autoritario e l’esilio dalla terra d’origine;

che nonostante le formali assicurazioni da parte della Repubblica cinese, che aveva garantito nel 1950 la piena autonomia del Tibet, con il riconoscimento del suo sistema politico e il pieno rispetto della libertà religiosa, è proseguita nel territorio della Regione la violazione continuata dei diritti umani, con una campagna di pulizia etnica fondata sulla forzata immigrazione di popolazioni di etnia Han, e la repressione violenta dei reati d’opinione mediante l’uso sistematico della tortura e delle innumerevoli condanne a morte;

che tali fatti, che realizzano in sostanza un vero e proprio genocidio culturale come riferito anche dal Dalai Lama, non possono che essere con forza denunziati all’opinione pubblica italiana ed europea, anche allo scopo di non tradire lo spirito dei giochi olimpici che si terranno nei prossimi mesi in Cina;

tutto ciò premesso,

esprime il sostegno dei federalisti europei al popolo tibetano, perché in tutto il mondo la democrazia non resti solo una petizione di principio, ma venga invece attuata con forza e determinazione, seppure con strumenti pacifici e non violenti, per liberare i popoli dalle ricorrenti sopraffazioni dei governi e realizzare nei fatti la piena partecipazione politica dei cittadini alle decisioni che li concernono;

ribadisce tuttavia in tale sede che il conseguimento della democrazia internazionale non ha luogo mediante l’artificiosa nascita di nuovi Stati-Nazioni, o le inefficaci risoluzioni dei pur meritevoli Organismi internazionali a cominciare dall’ONU, ma ponendo le basi per la costruzione di un Governo mondiale parziale, che limiti lo strapotere dei governi nazionali ed avvii la nascita progressiva di un sistema di sicurezza collettiva che sancisca altresì l’indiscussa supremazia dei diritti umani fondamentali in ogni parte della Terra;

individua nel processo di integrazione europea, di là dalle specifiche manifestazioni di solidarietà contro gli episodi di repressione cinese nel Tibet, che peraltro fortemente approva e fa proprie rispetto alle interessate perplessità dei Governi occidentali, la chiave di volta per costruire con la Federazione europea la riforma democratica delle Nazioni Unite e per tal verso un nuovo ordine mondiale rispettoso della giustizia internazionale e dei diritti dei popoli;

fa voti perché a tale principio si ispiri l’ordinaria condotta dei governi europei, rilanciando da subito, dopo il completamento della ratifica del Trattato di Lisbona, il processo costituente dell’Europa unita, per dotare finalmente il nostro continente di un governo democratico ed efficace che possa essere di sprone e di avanzamento della democrazia a livello internazionale.

IL COMITATO DIRETTIVO DELLA SEZIONE DI TRAPANI DEL MOVIMENTO FEDERALISTA EUROPEO

CONVENZIONE TRAPANESE DEI GIOVANI…

 CONVENZIONE TRAPANESE DEI GIOVANI

SULL’AVVENIRE DELL’EUROPA

In collaborazione fra l’Amministrazione del Comune di Trapani e la Casa d’Europa “Altiero Spinelli”

Trapani, 29 novembre 2003

DOCUMENTO FINALE

INTRODUZIONE

Tutti dobbiamo preoccuparci del futuro, perché è là che dobbiamo passare il resto della nostra vita.”

Charles F. Kettering

 

Sta ai giovani, che hanno beneficiato dei cinquant’anni di pace assicurati dall’opera dei fondatori dell’Europa unita, portarne a compimento la visione.”

Dal messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi agli italiani 31/12/2002

Noi giovani trapanesi, riuniti nella Convenzione Trapanese dei Giovani sull’Avvenire dell’Europa (Trapani, 29 Novembre 2003), espressione delle diverse associazioni giovanili, degli istituti scolastici presenti nel territorio e di selezioni effettuate a livello locale mediante autocandidature:

– visti i testi definitivi della Convenzione Siciliana dei Giovani;

– avendone accolto l’invito ad organizzare manifestazioni simili in realtà  locali;

– riaffermando la nostra adesione all’idea di una Federazione Europea come progetto politico di pace e democrazia per la nostra e per le future generazioni e come modello di integrazione per il resto del mondo.

Consegniamo a coloro che ci rappresentano all’interno della Conferenza Intergovernativa inaugurata a Roma il 4 Ottobre 2003, le nostre riflessioni sul futuro dell’Europa che sempre più ci appartiene.

GRUPPO DI LAVORO I

I Giovani e l’Europa

Partecipazione, politiche, strumenti

L’Europa del futuro “consapevole del suo patrimonio spirituale e morale” (Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Preambolo) deve essere uno spazio di libertà, democrazia, solidarietà e pace tra i popoli e, per noi giovani, sempre più uno spazio di opportunità, crescita e confronto, agevolando l’interscambio tra realtà associative giovanili dei membri dell’Unione al fine di favorire arricchimento e scambio culturale, basi del confronto.

I giovani chiedono un’Unione forte, che sostenga le democrazie nascenti nelle regioni del mondo, divenendo essa stessa baluardo dei valori di libertà, democrazia e sviluppo sostenibile nell’era della globalizzazione, contro lo spettro della criminalità e del terrorismo internazionale. Un’Unione che si impegni a perseguire scelte che tutelino il futuro delle nuove generazioni, valorizzando in ogni angolo del pianeta il potenziale enorme, in termini di formazione e volontà di cambiamento, delle ultime generazioni e di quelle future, prestando particolare attenzione alle aree meno sviluppate. Un’Europa che riconosca il suo pluralismo e che faccia dell’incontro tra le diverse identità nazionali, culture, tradizioni costituzionali, storie, lingue dei suoi popoli e della loro valorizzazione la sua fonte di ricchezza e la matrice dell’identità europea.

Spetta a noi giovani manifestare l’esigenza che al processo di integrazione politica in corso e alla definizione dei nuovi equilibri istituzionali, si accompagni un processo di integrazione europea delle coscienze, perché il progetto di riforma non rimanga una formula vuota.

Non è sufficiente riconoscere all’art 5 della bozza di trattato costituzionale una doppia cittadinanza dell’Unione, nazionale ed europea, collegando a tale status una serie di diritti e doveri, perché si realizzi automaticamente la presa di coscienza del nostro essere, ad un tempo, italiani ed europei. A tale previsione devono accompagnarsi azioni di promozione di identità europea e cittadinanza attiva. La Carta dei diritti fondamentali è uno strumento essenziale per la costruzione degli europei, accogliamo con favore la proposta della Convenzione di renderla giuridicamente vincolante e di includerla nella nuova Carta Costituzionale europea.

Nasce l’esigenza di predisporre azioni trasversali e concrete per le persone e, in particolar modo per i giovani, di fornire gli strumenti che permettano a tutti di comprendere quale spazio di crescita e opportunità sia l’Europa che si sta costruendo.

E a ciò si unisce l’esigenza di una maggiore considerazione della gioventù nelle politiche che la riguardano da vicino e l’ottimizzazione delle azioni comunitarie esistenti nei campi dell’istruzione, società dell’informazione, cultura, sport, occupazione, integrazione sociale, formazione professionale.

Si auspica la realizzazione di un metodo educativo/formativo unico, accettato da tutti i paesi membri dell’Unione, al fine di garantire un sistema di pari opportunità a tutti i livelli d’istruzione, pur tenendo conto delle esigenze formative che si incrementano naturalmente con l’aumentare delle offerte di un contesto europeo sempre più ampio. Tale modello darebbe, comunque, l’opportunità ai paesi membri di preservare la propria identità culturale (in termini di istruzione e formazione professionale) in un contesto allargato come quello europeo. Il progetto è realizzabile attraverso corsi d’aggiornamento che creerebbero le figure di “docenti europei”, figure chiave necessarie ad instradare gli studenti nelle dinamiche europee, migliorando e incrementando fortemente (con borse di studio, scambi giovanili interculturali, progettazioni varie e mirate) le opportunità offerte dall’UE. Il modello unico garantirebbe: una formazione di base ugualitaria e paritetica; un valore unico ai titoli di studio che spianerebbe la strada alle scelte professionali e alla mobilità all’interno dell’Unione; la possibilità di operare nel campo prescelto senza incorrere in disparità a livello formativo, economico, ecc.; un importante occasione per entrare in contatto con le diverse realtà lavorative europee tramite stage e tirocini. In tal modo i giovani di tutta Europa, accomunati dalla stessa formazione didattica, dovrebbero sentirsi fabbri del proprio futuro, futuro che si chiama Europa.

Le azioni comunitarie nel campo della cultura, dell’istruzione, dell’informazione, della politica sociale, nel rispetto delle competenze nazionali, regionali e locali secondo il principio di sussidiarietà, svolgono un ruolo fondamentale, come fattori di formazione del senso di cittadinanza europea, dell’opinione pubblica europea, innovazione ed empowerment, ossia innalzamento del capitale di competenze professionali.

Si chiede che l’UE istruisca i suoi cittadini sulle tematiche europee usando le vie mass mediologiche; tale sistema permetterebbe di combattere in modo massiccio “l’euroscetticismo” informando la popolazione sui principi costitutivi e le proposte future di un’Unione Europea che tende alla Federazione degli Stati europei. Inoltre, sarebbe auspicabile che nelle scuole venissero attivati corsi di formazione europea che riguardino tematiche quali: cultura, cittadinanza e storia del processo di integrazione europea e del funzionamento delle istituzioni comunitarie, lasciando alle autorità competenti le modalità di inserimento di tale misura nei programmi didattici.

Inoltre, si propone che l’Unione Europea si impegni a utilizzare in tutti i suoi documenti, uffi-ciali e non, un linguaggio diretto e chiaro favorendo la diffusione di essi attraverso mezzi di comunicazione creativi ed innovativi.

Dopo la formazione di un mercato unico e una moneta comune, si devono porre le condizioni per la nascita di un mercato europeo del lavoro al fine di garantire ai cittadini d’Europa le stesse possibilità lavorative, promuovendo così la libera circolazione delle persone nell’UE.

GRUPPO DI LAVORO II

Il futuro dell’Unione

Riforme, istituzioni, politiche

Malgrado il mancato superamento dell’esclusiva dimensione economica dell’Unione, noi giovani trapanesi riteniamo di primaria importanza la creazione di un soggetto politico, nuovo, capace di agire e affermarsi a livello internazionale.

L’Europa è, infatti, la dimensione naturale per affrontare molti problemi comuni.

Tuttavia un’Europa divisa, governata da interessi nazionali, spesso divergenti, non riuscirà ad assicurare la pace, la sicurezza, la solidarietà sociale e lo sviluppo sostenibile dentro e fuori i suoi confini. L’Europa può rappresentare un soggetto unico, forte e rilevante nel panorama mondiale, in grado di proporre eventuali strade alternative per la risoluzione dei numerosi problemi diffusi su scala globale. Gli stati europei possono fare realmente qualcosa solo se uniti in questo nuovo soggetto capace di parlare al mondo con una sola voce. Molti passi sono stati compiuti in questa direzione, si pensi ad esempio alla moneta unica europea, ma molti sono ancora da fare, specie in campo di politica estera, di difesa e di sicurezza sociale.

Fin tanto che il veto di uno solo dei paesi dell’Unione potrà fermare il lavoro degli altri ventiquattro l’Europa non potrà realmente esprimere tutto il suo potenziale politico, economico e diplomatico a livello internazionale ma resterà sempre imbrigliata e incapace di prendere rapidamente una posizione sicura e coesa. Solo un’Europa sottratta al diritto di veto può assicurare ai suoi cittadini diritti di ultima generazione.

Noi giovani riteniamo che un’Europa unita nelle diversità è possibile; l’Unione del futuro, fondata sul principio federalista e pertanto incentrata sulla sussidiarietà sia orizzontale sia verticale. All’UE dovranno competere le decisioni che non possono essere realizzate altrettanto efficacemente a livello nazionale o regionale, tra queste la politica monetaria, la sicurezza e le politiche ambientali, auspicando a tal proposito che si doti l’UE di adeguate risorse proprie.

L’Unione, inoltre, ha bisogno di un sistema decisionale democratico, trasparente e responsabile davanti ai cittadini, fondato sul principio della separazione e bilanciamento dei poteri e su quello della doppia legittimità: comunitaria e nazionale.

Il quadro istituzionale proposto dall’attuale progetto di costituzione comprende, principalmente, il Parlamento europeo, il Consiglio dei Ministri e la Commissione europea.

Il Parlamento europeo, unico organo eletto democraticamente a suffragio diretto, in quanto rappresentanza dei cittadini dell’Unione, dovrebbe operare come organo legislatore con capacità di iniziativa legislativa e di controllo politico nei confronti della Commissione.

Le materie sulle quali il Parlamento vota e legifera dovrebbero essere tutte quelle di competenza Europea, per le quali il livello nazionale o regionale non riesce più a imporre la propria sovranità, inclusa l’adozione del bilancio.

Il Parlamento ha inoltre potere di approvare e sfiduciare, con il suo voto, la composizione della Commissione, gravandosi di scegliere chi poi rappresenterà l’Europa nel complesso mondiale.

In materia si chiede che i partiti europei indichino agli elettori, prima delle elezioni europee del 2004, chi sarà il loro candidato a presiedere la Commissione europea. In tal modo il programma elettorale sarà abbinato alla formazione di un governo europeo per una maggiore trasparenza tra le scelte dei cittadini e la realizzazione delle politiche europee.

Il Consiglio dei Ministri è l’istituzione dell’Unione che rappresenta gli stati membri. Composto da un rappresentante nominato da ciascuno stato, il Consiglio esercita, congiuntamente al Parlamento, la funzione legislativa e di bilancio. Il Consiglio, pertanto, dovrebbe rappresentare un’autentica seconda camera legislativa; tutte le decisioni potranno così essere adottate da una doppia maggioranza di Stati e di cittadini. Il diritto di veto, che nega al contempo la democrazia e l’efficienza, dovrebbe scomparire dal sistema decisionale dell’UE lasciando il posto ad un più democratico sistema a maggioranza che permetta quindi un’accelerazione nel cammino verso l’unione politica.

La Commissione è l’istituzione che rappresenta l’interesse generale europeo di tutti gli Stati membri dell’Unione. Essa, secondo il progetto di Costituzione europea dovrà essere composta da un presidente e da altri 13 commissari nominati dal Consiglio e soggetti collettivamente ad un voto di approvazione da parte del Parlamento europeo. La Commissione, avendo compito di assicurare la programmazione e l’attuazione delle politiche comuni, di aver cura dell’esecuzione del bilancio e di gestire i programmi comunitari, si presta a diventare un vero governo europeo che risponda pienamente di fronte al Parlamento e al Consiglio, ciascuno avente diritto di censura sull’operato della Commissione.

I cittadini dovrebbero eleggere il loro presidente, rappresentante unico dell’Unione nei confronti degli altri stati mondiali.

La Commissione con al suo interno, in qualità di vice presidente (come proposto dal progetto di Costituzione), la nuova figura del ministro degli esteri dell’Unione, potrà così rappresentare l’Europa con una sola voce, realmente rappresentativa dei propri cittadini.

Infine, si nota con favore l’innovazione introdotta, all’art. 46, dal progetto di Costituzione europea che prevede la possibilità di iniziativa legislativa popolare avallata da almeno 1.000.000 di cittadini europei.

GRUPPO DI LAVORO III

L’Europa nel mondo

Pace, responsabilità, diritti

I recenti mutamenti dello scenario internazionale hanno posto in primo piano l’esigenza di ridefinire e rafforzare il ruolo dell’Unione Europea nell’ambito della Comunità Internazionale. L’Europa è, dunque, chiamata a svolgere un ruolo centrale in materia di prevenzione di conflitti e di gestione delle crisi alla luce dell’emergenza globale del terrorismo e della sempre più pressante questione dell’immigrazione clandestina, di fronte alle sfide della globalizzazione e della crescente interdipendenza fra gli Stati. E’ fondamentale che l’Unione Europea dichiari espressamente il rifiuto della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali e s’impegni a risolverle con mezzi pacifici appoggiando, quindi, l’intervento armato con scopo umanitario e come strumento di equilibrio dei rapporti internazionali.

L’azione dell’Unione in ambito internazionale deve dunque fondarsi sui valori etici, culturali e religiosi che hanno ispirato la sua creazione, il suo sviluppo e il suo allargamento nell’ottica di una futura organizzazione federale della Comunità Internazionale che miri alla visione dell’uomo come cittadino del mondo.

L’Unione deve raggiungere i seguenti obiettivi prioritari.

La politica estera europea

Si afferma in maniera preponderante la necessità di controbilanciare lo squilibrio presente nel sistema internazionale. Occorre istituire un sistema di “check and balances” per il riallineamento dei ruoli e dei poteri in seno alla Comunità Internazionale. L’Europa può e deve assumersi tale responsabilità, sviluppando una credibile politica estera e di difesa producendo un’opera di mediazione volta a sanare i conflitti che lacerano il mondo.

L’UE deve concorrere alla stabilità esterna così come è stata capace di costruire quella interna nel corso degli ultimi cinquant’anni. L’Europa deve impegnarsi a risolvere le controversie internazionali per via diplomatica e appoggiare, quindi, l’intervento armato con scopo umanitario e come strumento di equilibrio dei rapporti internazionali.

La politica estera deve quindi diventare materia di competenza dell’Unione europea. Allo scopo di assicurare una maggiore coerenza ed efficacia all’azione collettiva europea è indispensabile che l’UE si esprima in materia di affari esteri con una sola voce dotandosi di un vero e proprio corpo diplomatico europeo. Nello stesso campo è, altresì, essenziale introdurre una semplificazione delle procedure decisionali. In questo senso deve prevedersi un’estensione del voto a maggioranza qualificata.

La difesa europea

L’Europa deve perseguire la pace e la sicurezza attraverso una più efficace politica di preven­zione dei conflitti e di gestione delle crisi internazionali. In tal senso si auspica la costituzione di un esercito europeo e di un servizio civile europeo – alternativo a quello nazionale – che permetta di rafforzare la cittadinanza europea e di portare nelle aree di crisi una testimonianza concreta dei valori di pace, libertà, solidarietà e giustizia sui quali si fonda la Costituzione europea. In merito, non si ritiene sufficiente la proposta avanzata dalla Convenzione di istituire dei Corpi Volontari di Aiuto Umanitario. Infine, per garantire l’indipendenza e l’autonomia della politica estera dell’Unione Europea, si ritiene necessario riconsiderare i rapporti con l’Alleanza Atlantica e con il resto del mondo.

Un nuovo bilancio per la politica estera e difesa europea

Il bilancio della Politica Estera e di Difesa Comune (PESC/PESD) va inoltre innalzato in base alle stesse ambizioni dell’Unione, privilegiando le politiche di cooperazione e di sviluppo. E’ necessario che i Paesi membri concorrano in misura sostanziale ad un adeguamento dello sforzo economico-finanziario comune dotando l’Europa di adeguate risorse proprie. Attualmente, il bilancio PESC ammonta in media a circa 30-40 milioni di euro l’anno (meno dell’1% del bilancio complessivo) e risulta regolarmente insufficiente a finanziare ed attuare le decisioni di politica estera.

L’Unione Europea e le Nazioni Unite

E’ necessario, dunque, che l’Unione europea esprima la propria posizione in seno alle grandi sedi multilaterali, soprattutto nell’ambito delle Nazioni Unite e delle Istituzioni finanziarie internazionali, attraverso un rappresentante unico, nonché si adoperi per un’unica rappresentanza diplomatica (negli Stati extra-comunitari) mediante la figura del “diplomatico europeo L’Ue deve farsi promotrice di una riforma del Consiglio di Sicurezza dell’ONU in senso maggiormente democratico che preveda l’abolizione del diritto di veto dei membri permanenti e l’introduzione di un sistema decisionale a maggioranza qualificata.

L’Unione Europea e l’immigrazione

Tra le priorità dell’Unione europea sul piano internazionale vanno comprese il controllo e la gestione a livello nazionale – alla luce dei protocolli comunitari – dei flussi migratori, con l’istituzione di negoziati bilaterali tra l’Unione e i Paesi di origine di tali flussi, atti a realizzare le politiche migratorie finalizzate ad una reale integrazione sostenibile dei migranti. E’ necessario che siano riconosciuti e tutelati i cosiddetti diritti essenziali anche ai non cittadini. In questa direzione è indispensabile che venga riconosciuto il diritto d’asilo europeo nonché la partecipazione consultiva ai residenti benché non cittadini, prevedendo a tal fine l’istituzione di un apposito commissario.

Le politiche di sviluppo verso Paesi terzi

Occorre dunque un impegno più concreto nel promuovere la giustizia sociale e la solidarietà universale fra i popoli e la tutela dell’ambiente. In questo quadro, l’UE deve mettere in primo piano l’interazione con i Paesi in via di sviluppo, promovendo progetti di cooperazione allo sviluppo, modificando la politica commerciale europea in modo più equo, evitando, dunque, pratiche protezionistiche a scapito dei paesi in via di sviluppo.

La tutela dell’ambiente

Si auspica che la salvaguardia dell’ambiente, inteso quale spazio comune, debba divenire una priorità fondamentale della politica interna ed estera dell’Unione Europea, creando anche una task force operativa capace di fronteggiare rapidamente eccezionali disastri ambientali riducendone l’impatto sul nostro ecosistema. Sarebbe inoltre necessario attuare le disposizioni del protocollo di Kyoto, in modo da tutelare l’ambiente mediante il diritto penale, implementando gli accordi internazionali in materia di responsabilità ambientale. L’UE deve impegnarsi nella salvaguardia biologica dei prodotti alimentari, sostenendo il principio precauzionale in materia di organismi geneticamente modificati (Ogm). E’ altresì opportuno che l’UE ripudi le ricerche e pratiche tendenti alla clonazione di esseri viventi umani e animali, si impegni nello sviluppo delle energie rinnovabili per il raggiungimento dell’indipendenza dal petrolio e promuova l’istituzione e la crescita di istituti di ricerca a livello nazionale e comunitario.

Inoltre, nell’ambito della revisione della politica agricola comune (PAC) in modo equo e non discriminante nei confronti dei paesi extracomunitari (necessaria premessa alla creazione di opportunità di sviluppo concrete per tali paesi), è necessario individuare politiche di valorizzazione delle diverse culture agroalimentari e di tutela dei prodotti tipici. Occorre superare un’impostazione di eccessiva rigidità burocratica che rischi di omologare le specificità locali e nazionali, minando uno degli elementi fondanti delle tradizioni popolari. Inoltre è auspicabile la creazione di un ente europeo di difesa teso a trovare nuovi processi e tecnologie finalizzate alla salvaguardia ambientale.

CONCLUSIONI

Le proposte di questo documento sono il risultato di una discussione che ha coinvolto 63 giovani del trapanese di età compresa tra i 16 ed i 29 anni.

Riteniamo che il dibattito debba estendersi a tutti i livelli della società civile e che debba continuare in seno alle associazioni giovanili e dentro le scuole per diffondere capillarmente le tematiche europee che sempre più interessano da vicino le nostre vite, per contrastare la diffusa disinformazione a riguardo ed in vista delle prossime elezioni europee.

Auspichiamo che questo nostro contributo, insieme agli altri elaborati a livello europeo, nazionale, regionale e locale, venga preso adeguatamente in considerazione dai nostri rappresentanti nella Conferenza Intergovernativa in quanto consideriamo, il contributo delle nuove generazioni, essenziale nel dibattito sul futuro dell’Europa in quanto saranno esse protagoniste del domani.

Alle istituzioni europee e al Governo italiano, presidenza di turno dell’Unione, chiediamo scelte coraggiose oggi, affinché si possa realizzare quell’Europa unita in cui le nuove generazioni vivranno domani.

 

IL CONSULENTE PER L’EUROPA FEDERALE        IL PRESIDENTE DELLA CONVENZIONE

               Giuseppe Giunta                                          Benedetto Tagliavia